L’arte salva il mondo e i piccoli borghi italiani

I borghi del Lazio dove l’arte si fonde con la bellezza

L’arte salva il mondo e i piccoli borghi italiani

Arroccati tra le rocce di un monte. Nascosti nella fitta vegetazione di un bosco. Appollaiati in cima a una ripida scogliera. Piccoli, antichi, semideserti: l’Italia è costellata di borghi quasi abbandonati che vanno scomparendo, abbandonati da secoli perché afflitti da terremoti, carestie o semplicemente dal richiamo della vita di città. Vivono sospesi nel tempo, abitati da poche anime ma pieni di fascino, storia e arte ma che sono rinati grazie ad artisti, intellettuali o pofessionisti che ne hanno recuperato il patrimonio edilizio. Sono sempre più frequenti i borghi e le realtà periferiche che, una volta restaurati o dipinti e decorati, hanno acquisito fama e trovato un nuovo splendore, attraendo turisti da tutto il mondo.

Camminare in questi paesini rilassa e appaga la curiosità e il desiderio di cultura, tradizioni locali e slow life.

Ogni cittadina rievoca la storia, accoglie in un’atmosfera quieta ed è la meta ideale per chi ama l’arte, la gastronomia locale e l’eredità del passato. Sono sempre più frequenti i borghi e le realtà periferiche della nostra Penisola che si lasciano conquistare dal fenomeno della street art, strumento di grande efficacia nella rigenerazione e nella rinascita di zone “marginali” del Paese.

In questo articolo andremo alla scoperta di quelli del Lazio. Ecco 10 luoghi da non perdere.

Acquapendente: tra storia e street art

Qui la Street Art ha avuto come protagonisti grandissimi artisti internazionali che hanno riempito di creatività il centro storico. I murales sono diventati parte del paesaggio urbano e trovarli è come una caccia al tesoro: alcuni sono dentro cortili e in vicoli quasi nascosti, altri più evidenti. Una passeggiata per le strade e i vicoli del paese permetterà di apprezzare questi lavori non dimenticando la storia del luogo che li ospita.

Acquapendente non è solo un borgo sull’antica Via Francigena, ma un importante luogo di devozione e una meta spirituale. Nella cripta romanica del Duomo è conservata la più antica copia del Sacello del Santo Sepolcro. Al suo interno sono conservate delle reliquie (pietre intrise del sangue di Gesù) portate da cavalieri cristiani di Acquapendente che avevano partecipato alla Prima crociata. Acquapendente è anche un luogo di boschi incantati, di acque limpide che scorrono, di altri itinerari da percorrere alla scoperta di una ricca biodiversità e di paesaggi sorprendenti. Per questo è chiamata la Gerusalemme Verde: un territorio dell’anima, un viaggio interiore, un posto dove ritrovarsi, una pausa rigenerante lungo il cammino della vita.

Calcata: il rifugio degli artisti

Calcata è un posto fiabesco a due passi dalla Capitale, immerso nella natura, popolato da artisti e intriso di spiritualità, dove si respira aria creativa. Arroccato su una roccia che domina la Valle del Treja, come un’isola in un mare di smeraldo, rapisce lo spettatore e lo proietta in un’epoca indefinita, ove alle suggestioni ispirate dalla natura si aggiungono quelle di una storia surreale. Conosciuto come il “villaggio degli artisti” per i vari pittori, scultori, musicisti e persino attori che vivono qui, sulla piazza e nelle sue stradine tortuose, che all’improvviso svelano panorami mozzafiato, nascoste sotto archi ricoperti d’edera, si svolgono curiose attività artistiche: restauro mobili, artigianato del cuoio, della ceramica e del vetro, studi d’arte, creazioni di monili, associazioni culturali dove ascoltare musica, gustare dolci genuini o leggere libri.

E’ stato persino descritto dal New York Times come uno deivillaggi più trendy d’Italia”.

Calcata è un borgo che in epoca fascista ha rischiato di sparire per una legge speciale che ne voleva la demolizione, data l’instabilità della montagna di tufo su cui poggia. Con la minaccia dell’abbattimento il villaggio cominciò a spopolarsi e la maggior parte dei residenti si trasferì nella vicina Calcata Nuova, a un paio di chilometri di distanza. Negli Anni Settanta è diventato meta di artisti e intellettuali, attratti dalla magica atmosfera del luogo, che si sono appropriati degli antichi caseggiati, trasformando il paese in un villaggio bohemienne. Molti di questi artisti sono olandesi, belga, americani che hanno acquistato le vecchie case abbandonate. Non sono solo pittori e scultori ma anche amanti delle tecnologie innovative che l’hanno individuata come buen retiro a basso costo dove aprire una bottega, trasformando in poco tempo il borgo in un’accademia all’aria aperta.

Dalla “grande porta”, un varco nelle mura dell’antico castello, entriamo nel centro cittadino, dove case e grotte scavate nel tufo si sovrappongono, tra ripide scalinate, balconi dai fiori colorati, stretti vicoli e strade lastricate da grossi ciottoli di fiume. Alcune case, la maggior parte delle quali erano in passato adibite a stalle e fienili, risalgono al 1200. Oggi ospitano negozi e coloratissime botteghe artigiane.

La vera attrattiva del luogo sembra essere l’energia positiva emanata, che ha fatto di questo antico borgo un luogo di armonia ed equilibrio per quanti hanno avuto la sensibilità di avvertirla.

Cervara di Roma: il museo a cielo aperto

A una settantina di chilometri dalla Capitale si trova Cervara di Roma, piccolo paese immerso nel verde delle faggete. Il nucleo storico conserva pressoché intatti l’impianto urbanistico ed architettonico originari. L’originalità urbanistica e le straordinarie caratteristiche del borgo antico di Cervara fanno da cornice ad una vista mozzafiato della valle dell’Aniene che si gode dalla piazzetta principale. 

Quello che rende Cervara una destinazione da non perdere sono non solo i paesaggi naturalistici di rara bellezza ma anche il suo patrimonio artistico visto che numerosi artisti, anche di fama internazionale, durante il XIX e XX secolo l’hanno scelta come fonte di ispirazione. E’ disseminata da murales, dipinti e sculture che compaiono tra abitazioni quattrocentesche e tortuose stradine, la caratteristica scalinata, legando indissolubilmente l’arte alla pietra sulla quale Cervara è costruita. La Montagna scolpita dagli Artisti, si può a ben ragione definire un museo a cielo aperto perché interamente inciso nella roccia una passeggiata vivace ricca di murales e sculture.

Civita di Bagnoregio: bellezza fragile

Civita di Bagnoregio, all’estremo nord del Lazio è un gioiello che tutto il mondo ci invidia. La sua bellezza risiede nella sua fragilità. Ha una storia antichissima, risalente a circa 2500 anni fa. Fu fondata dagli Etruschi lungo una delle più importanti vie di comunicazione fra i Tevere e il lago di Bolsena. Ci si arriva percorrendo un lungo ponte pedonale, perché il paese si trova in cima a un’altura di tufo bianco, e galleggia in mezzo a una valle come un’isola. E qui risiede la particolarità e il fascino di questo gioiello italiano.

Da circa due secoli è abitata solo da una ventina di persone. Le case in pietra circondano la cattedrale, tra balconcini fioriti, vicoletti e arcate con vista sulla valle.

Soprannominata dallo scrittore Bonaventura Tecchi, che vi nacque, “la città che muore”, Civita di Bagnoregio rischia di scomparire perché il colle tufaceo che la sorregge è minato alla base dalla continua erosione di due torrentelli, che scorrono nelle valli sottostanti, e dall’azione delle piogge e del vento.

Il destino del luogo, il ciuffo di case medioevali, le pochissime famiglie che ancora vi risiedono e il paesaggio irreale dei calanchi argillosi che assediano il borgo, rendono Civita di Bagnoregio un luogo unico ed incantevole.

Addentrandosi nelle viuzze che si dipanano dalla piazza sembra di intraprendere un viaggio a ritroso nel tempo dove, in un silenzio quasi irreale, è possibile godere di graziosi angoli impreziositi da tracce di vite passate, fiori alle finestre, gatti sornioni dormienti. Antichi palazzi medioevali guardano, assieme a frantoi rinascimentali e ad umili case del popolo, gli immensi calanchi circostanti che, con le loro creste ed i loro pinnacoli, fanno da corona a questa piccola città aggrappata alla vita del suo fragile colle di argilla.

Greccio: street art al servizio del francescanesimo

Greccio, è sicuramente uno dei luoghi più belli e pittoreschi della Valle Reatina, capace di sorprendere, emozionare e catturare il cuore del visitatore.

L’antico borgo medievale tramanda un incantevole fascino che richiama atmosfere d’altri tempi, conservando intatta la sua struttura, tipica di un “castrum” fortificato.

E’ un luogo molto particolare, tanto che fu capace di rapire persino il cuore di San Francesco D’Assisi, che proprio qui decise insieme a Giovanni Velita signore di Greccio, di rappresentare il primo presepe vivente al mondo per far rivivere la nascita di Gesù. Oltre al profondo significato religioso, Greccio può essere a tutti gli effetti considerato una vera e propria perla. Qui, tradizioni e folclore popolare si mescolano facendo fare un salto indietro nel tempo e riportando alla luce antichi sapori.

Qui, un percorso che dal Museo dei Presepi si dipana attraverso le strade, le piazze e i vicoli del centro storico, offre ai visitatori l’opportunità di confrontarsi con le 26 opere, realizzate da artisti internazionali sui muri delle vecchie case, che esprimono lo spirito del francescanesimo nel mondo. Un museo d’arte contemporaneo all’aperto in cui la Natura, l’Arte e il Presepe sono gli elementi principali del suo excursus iconografico pittorico.

Lungo il sentiero è possibile ammirare una edicola commemorativa contenete il masso su cui era solito salire Francesco di Assisi per predicare alla gente di Greccio.

Labro: una perla storica e architettonica medievale

Il millenario borgo di Labro si adagia, con la sua forma a ventaglio, su un colle che si affaccia sul lago di Piediluco mentre alle spalle è dominato dalla catena del Terminillo.

Labro è stato il primo borgo del Lazio ad essere stato integralmente sottoposto a un restauro di tipo conservativo. Alla fine degli anni ’60, il paese antico, quasi completamente spopolato a causa della scarsa agibilità alle autovetture, fu scoperto dall’architetto belga Ivan Van Mossevelde che intraprese un’ardita opera di recupero urbanistico: e cosi in quegli stessi anni in cui i nuclei storici di molte città e i paesi d’Italia venivano orrendamente scempiati da ammodernamenti, a Labro invece l’utilizzo di materiali e, soprattutto, di forme originali riuscì a riottenere l’autentica atmosfera della rocca medioevale e renderla di nuovo viva. Grazie ad un sapiente ed amorevole recupero, oggi il borgo continua a risplendere per la sua unicità, uniformità e omogeneità architettonica.

Sant’Angelo di Roccalvecce: il paese delle favole dipinte

Immerso nello splendido paesaggio viterbese vi è un minuscolo paesino che negli ultimi anni è stato la prova di come la fantasia e l’intraprendenza possano aggiungere valore a ciò che sta per essere dimenticato.

Parliamo della piccola frazione viterbese di Sant’Angelo di Roccalvecce, gemma rediviva del territorio nella quale un progetto artistico vuole far rivivere le favole più note e parte integrante della storia di tutti noi per valorizzare questo angolo di Tuscia.

Come molti paesini rischiava di diventare “fantasma” a causa dello spopolamento. Un ambizioso progetto di riqualificazione ha fatto sì che il paese ricominciasse a vivere con una nuova veste. Il primo murale, raffigurante la fiaba di Alice nel Paese delle Meraviglie, venne inaugurato nel novembre del 2017.

Da quel giorno installazioni e mosaici hanno colorato i muri del paese con disegni dedicati al mondo delle favole e delle leggende, la quantità di murales si è moltiplicata arrivando a contarne 36 sparpagliati in ogni via ed angolo del paese. Sant’Angelo è conosciuto come ”il paese delle fiabe” in quanto i dipinti che rallegrano le sue stradine raffigurano proprio i personaggi delle favole più belle. Tra queste ci sono “Il Libro della Giungla”, “La spada nella roccia” e molti altri.

Grazie a questo progetto, che prevede la creazione di 100 opere nell’arco di sei anni, il borgo ha pian piano ripreso vita.

Giardino di Ninfa: il giardinaggio come arte e come filosofia

A pochi chilometri da Sermoneta, racchiuso tra i Monti Lepini e l’Agro Pontino, sorge il Giardino di Ninfa, un regno incantato, nato sui resti della città di Ninfa, il cui nome deriva da un tempio romano dedicato alle Ninfe Naiadi, le divinità delle acque sorgive.

Saccheggiata e distrutta nel 1382, la città di Ninfa non fu più ricostruita, anche a causa della malaria che infestava la vicina pianura, i pochi abitanti rimasti se ne andarono lasciandosi alle spalle i resti di una città fantasma.

Nel XVI secolo il cardinale Nicolò III Caetani, proprietario del feudo ed amante della botanica, cominciò a costruire nell’area della scomparsa cittadina medioevale di Ninfa un “giardino delle delizie” ma, fu solo nel 1921 che, Gelesio Caetani iniziò la bonifica della zona, realizzando un vero e proprio giardino in stile anglosassone, bonificando le paludi, piantando cipressi, lecci, faggi, e restaurando alcune rovine. Guidati soprattutto da sensibilità e sentimento, seguendo un indirizzo libero, spontaneo ed informale, senza una geometria stabilita, iniziò a piantare diverse specie botaniche che portava dai suoi viaggi all’estero e che ben si sviluppavano a Ninfa per via del clima favorevole, molto umido, regalato dal fiume Ninfa e dalla rupe di Norma.

Da molti definito il più bello del mondo, questo romantico giardino all’inglese, in tutto 8 ettari di verde e oltre 1300 diverse specie di piante da ogni parte del mondo, dagli aceri giapponesi alle magnolie, dagli iris a moltissime specie di rose rare, oltre a piante esotiche e tropicali. Una incantevole alchimia tra ruderi e botanica antica: oggi rimangono i resti di chiese, torri, mulini e casette collegati da ponticelli di legno su ruscelli color ghiaccio e smeraldo, insieme a boschetti di bambù, roseti variopinti, pruni, aceri giapponesi, pini a foglie d’argento, alberi della nebbia, viali di lavanda, ciliegi penduli, tulipani e glicini, papiri e magnolie stellate. Un simile incanto è sempre stato fonte di ispirazione, come negli anni Trenta del Novecento, quando Marguerite Chapin, moglie di Roffredo Caetani, aprì le porte del giardino al circolo di letterati ed artisti legato alle riviste da lei fondate, tra cui la prestigiosa “Botteghe Oscure” che ha raccolto opere di giovani autori al tempo sconosciuti: Truman Capote, Dylan Thomas, Muriel Spark, Camus, Caproni, Gadda, Moravia, Calvino e Pasolini.

Rivodutri: piccolo paradiso di arte contemporanea

Il borgo di Rivodutri è un piccolo comune di soli 1000 abitanti, da sempre luogo particolarmente amato da tutti coloro che vogliono concedersi dei momenti di riflessione a contatto con la natura. Non a caso, infatti, il paese fu scelto dallo stesso San Francesco nel corso dei suoi pellegrinaggi. Visitare questo borgo è un po’ come fare un salto nel passato, vivere in un mondo in cui sembra che il tempo si sia fermato. Infatti il paese conserva per gran parte il suo aspetto antico, con edifici del Quattrocento e del Cinquecento. Nel borgo si trova anche un monumento sorprendente ed enigmatico, che conferma come in ogni epoca la bellezza e la solitudine di questi luoghi abbiano spinto alcuni, particolarmente sensibili e sapienti, ad interrogarsi sul destino e sulla natura profonda degli uomini. Si tratta della Porta Alchemica, un arco solitario ornato di strane sculture e iscrizioni. Questo si erge di fronte ad un piccolo giardino, completamente estraneo agli edifici circostanti. Collocato qui in tempi recenti, è uno dei pochi elementi artistici di Rivodutri sopravvissuti al terremoto il 31 dicembre del 1948. Un terremoto che devastò il paese provocando il crollo delle antiche abitazioni, compreso l’edificio su cui il singolare portale era incastonato.

A partire dal 2012 per accendere i riflettori su questo piccolo borgo, l’amministrazione ha avviato un progetto che include eventi temporanei ed un percorso a cielo aperto di opere permanenti distribuite nelle diverse frazioni del territorio. Un museo diffuso che appartiene alla comunità e ai visitatori.

Rocca di Papa: arte a cielo aperto a due passi da Roma

Arroccato a 700 metri di altitudine con le sue caratteristiche casette colorate e il meraviglioso panorama che si ammira dalla sommità del paese, il borgo di Rocca di Papa è certamente la meta ideale per una passeggiata ai Castelli Romani, se amate addentrarvi in vicoli silenziosi decorati, qua e là, da murales e installazioni di street art. Un borgo affascinante, tutto da scoprire o riscoprire, ma anche un luogo che ha alle spalle secoli di storia, arte e tradizione sacra.

Qui, negli anni Ottanta il pittore locale Miro Fondi iniziò ad ornare i vicoli del suo centro storico con la realizzazione di alcuni murales. Negli anni successivi, maestri d’arte, amici del pittore Miro, amanti dell’arte e desiderosi di dare il proprio contributo alla diffusione di questa forma di comunicazione più immediata e popolare, hanno contribuito attraverso la realizzazione di colorati quadri permanenti, appunto i “murales”.